Secondo Willy Van Lysebeth, maestro Yoga e figlio del grande maestro Andrè Van Lysebeth nella pratica dello Yoga esistono tre paradossi apparenti:
1) L’immobilità danzata
2) Il silenzio musicale
3) Il distacco sensibile
Vorrei commentare questi tre punti perché esprimono in maniera chiara l’essenza della pratica Yoga.
L’immobilità del corpo fisico nella pratica dello Yoga è fondamentale perché modifica i processi sensoriali e dirige la mente verso altre informazioni completamente diverse da quelle che i sensi percepiscono durante la normale routine quotidiana. Nell’immobilità del corpo, venute meno le sollecitazioni esterne, e acquietata la mente, si acquisiscono altre informazioni sempre più sottili, quanto più intensa e regolare è la pratica. Dapprima ci avviciniamo al ritmo del respiro e ne cogliamo il suo movimento spontaneo, poi quando si giunge alla pratica del kumbaka (l’immobilità del respiro a polmoni pieni o vuoti), nel corpo non esiste più neanche il lieve movimento del respiro e in tale condizione è possibile espandere la coscienza dal corpo materia al corpo energia. L’immobilità del corpo si definisce danzata proprio perché ci permette di accedere ad un movimento interno che è quello dell’Energia profonda, l’energia del cosmo che ci attraversa e di cui noi siamo parte integrante. Questo tipo di stato dona benessere perché, venendo meno le perturbazioni secondarie, causate dallo svolgimento normale della nostra vita, abbiamo la possibilità di connetterci con la nostra fonte primaria, con il nostro movimento originario.
Il secondo paradosso è il silenzio musicale.
Il silenzio della mente è condizione necessaria per riconoscere ed ascoltare la propria voce interiore: è solo attraverso l’esercizio dell’ascolto, un ascolto che si farà sempre più sottile e recettivo, che diverremo capaci di attraversare e progressivamente eliminare il rumore di fondo della nostra mente. La mente che si fa silenziosa si rigenera e si apre, liberando il proprio potenziale creativo.
Ogni essere umano, possiede una vibrazione che lo distingue e lo rende nota unica e caratteristica del grande concerto cosmico. Il silenzio della mente porta a scoprire qual è la propria nota. Ma scoprire la propria nota personale vuol dire anche andare alla radice della personalita', scoprirne lati oscuri e sorprendenti.
Il distacco sensibile accade laddove c’è l’immobilità del corpo e il silenzio della mente, in questa situazione i sensi invertono il loro percorso, non rilevano più informazioni dall’esterno ma si dirigono verso l’interno e rilevano le mappe della nostra interiorità. Distacco sensibile vuol dire trovare quello stato “punto di osservazione” in cui come testimoni si rimane ad osservare gli accadimenti senza identificarsi negli stessi e cogliendone l’essenza più profonda.
Nessun commento:
Posta un commento