Abhinavagupta
descrive le emozioni dalla collera alla meraviglia come altrettante strade per
apprendere il divino quando vengono vissute in maniera non concettuale.
L’emozione è psicologicamente neutra e tattilmente infinita. Quando la gioia,
la paura , la tristezza sono accolti in una corporeità all’ascolto della vita,
in colui che non lega l’emozione alla sua causa apparente, la stessa emozione,
nella sua estrema dilatazione, si consumerà per poi riassorbirsi in una
presenza non oggettiva. La pratica tradizionale del kashmir è fatta per
rendersi disponibili all’emergere dell’emozione, contrariamente allo yoga
definito classico che mira a contrastarla a superarla, ad accettarla, l’emozione
che dimora in me non ha bisogno di essere giustificata, provata, formulata: ha
bisogno di essere sentita. Perché possa svelarsi , liberarsi dalla sua causa
apparente ed esprimersi in tutta la sua risonanza, il corpo deve diventare
tutto ascolto. Libero dai preconcetti il sentimento non sarà vissuto secondo la
vita psicologica ma come esperienza tattile, come un fuoco d’artificio
sensoriale senza limiti: più si è liberi dall’immaginario, più è presente la
capacità di accoglimento senza restrizione. Più si sviluppa la capacità di
vivere un’emozione senza psicologia, più si rivela la meraviglia della vita in
tutte le sue forme.
Cominciate
ad osservare perché siete qui oggi. Cercandone la ragione, potreste scoprire il
senso di una privazione interiore, una specie di fame che siete venuti a
cercare di soddisfare qui. Prima di cominciare con la pratica bisogna
comprendere che in realtà non vi è nulla da raggiungere è necessario eliminare
ogni tipo di aspettativa, si propone infatti un processo di impoverimento. Nel
momento in cui sarete completamente persuasi di ciò si produrrà un arresto.
Ogni energia prima diretta verso un fine ritorna alla sua origine e voi sarete
ricondotti alla vostra presenza. Quando il vedere e l’udire sono divenuti
liberi da ogni motivazione, fine da raggiungere e intenzione l’intero corpo
ascolta e voi potete sentire che l’ascoltare e il vedere si dissolvono in
questa presenza. Da ultimo non c’è più un soggetto che vede né un oggetto che è
visto c’è soltanto unità.
Bellissimo
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