La prima esperienza, quando ci si siede o ci si allunga sul tappeto e si smette di pensare il corpo, è un sentire non concettuale. Sentire che, per sua natura, passa da un cammino di pesantezza, di densità, di calore e che arriva a un certo momento a ciò che possiamo definire vibrazione. Quella vibrazione è un vero sentire che non è né dentro né fuori. Nello yoga lasciamo ogni rappresentazione geografica d’essere situati in un corpo. Il corpo è percezione, vibrazione fatta del movimento della vita. La respirazione è una delle polarizzazioni di quel movimento… Quando un dinamismo precede l’esplorazione, come un’onda tattile che s’incarna poi psicologicamente, l’inspirazione fisiologica s’arresta e si sente un flusso di energia, che continua al di là di quell’arresto. Quell’onda ridiscende e inizia l’espirazione fisiologica; poi l’espirazione fisiologica s’arresta, ma non il prolungamento energetico e un’onda continua. L’entrare nel rito del pranayama è quella scoperta, quel movimento tattile d’energia che precede, succede e irriga la respirazione fisiologica. L’inspirazione e l’espirazione diventano allora completamente passive e quell’onda completamente attiva. Un po’ come quando facciamo un movimento del braccio nell’acqua, il braccio si ferma mentre le ondulazioni dell’acqua continuano.Più esploro ciò che prolunga quei movimenti, più mi accorgo che dopo l’ispirazione il movimento dell’energia è sentito come una chiusura, una forma di silenzio. E’ un silenzio dell’ispirazione e dell’espirazione, ma non è un silenzio dell’energia. Durante il punto di riposo, un immenso dispiegamento dell’energia si produce, poi l’energia si concretizza nell’espirazione. L’espirazione si compie, l’energia si dispiega nel vuoto e qualcosa ricrea l’inspirazione. All’inizio dell’esplorazione i riposi sono vuoti in rapporto all’inspirazione e all’espirazione. Più tardi la disponibilità a quei momenti d’arresto, dopo l’inspirazione e l’espirazione fisiologiche, nei quali l’energia si prolunga, diventa il cuore di quell’arte magica. I due momenti d’arresto sono allora il punto faro della pratica, il sole e la luna dell’atto rituale. L’astro raggiante del riposo dopo l’inspirazione sarà poco a poco assorbito, divorato dalla luna nera del riposo dopo l’espirazione.Quella magnificenza della ritenzione positiva e la sua dissoluzione nel retroterra è l’essenza del pranayama kashmiro.
[Eric Baret]
giovedì 30 settembre 2010
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