mercoledì 28 novembre 2012
Pranayama arte del respiro
Il testo che proponiamo oggi è un collage di elementi raccolti attraverso le conversazioni, i seminari, gli scritti (*) che Eric Baret propone nel cuore della sua trasmissione. Ho cercato di assemblare il tutto seguendo il più possibile l’armonia e la quiete che le parole di Baret trasmettono, cercando di trasferirne allo stesso tempo la densità e la leggerezza, rispettando soprattutto il senso profondo di quello che lui definisce “insegnamento tradizionale cachemiro”, Nell’intento di condividerle e diffonderle auguro a tutti una buona lettura e soprattutto Buona Vita … Franco H. Mignone, il tantrika
A livello puramente tecnico, la parola energia è un concetto che varia l’interpretazione secondo il suo impiego: in fisica quantica, nello Yoga o in ogni ambito. Nello Sivaismo del Kashmir, è utilizzato il termine Spanda e si traduce con vibrazione. La vostra immagine del termine energia è sicuramente differente dalla mia, ne parliamo insieme essendo d’accordo, ma siamo d’accordo su qualcosa di diverso. Quando parliamo al livello dello Yoga Tantrico, affrontiamo un’arte di decostruzione di tutto a priori cerebrale. I circuiti di neuroni costruiti per difendere e affermare, sono poco a poco decostruiti dallo Yoga.
Di conseguenza, lo Yoga Tantrico è proibito a tutte le persone che hanno problemi psicologici, perché bisogna essere in buona salute per imparare a morire giorno dopo giorno.
Il tantrika, senza antagonismo, può entrare in quella destrutturazione tecnica dello Yoga e lasciare morire tutti i suoi concetti e le idee sull’energia, per divenire sensibile a ciò che è lì, senza nominarlo mai.
La prima esperienza, quando ci si siede o ci si allunga sul tappeto e si smette di pensare il corpo, è un sentire non concettuale. Sentire che il corpo, per sua natura, passa da un cammino di pesantezza, di densità, di calore e arriva a un certo momento a ciò che possiamo definire vibrazione. Quella vibrazione è un vero sentire che non è né dentro né fuori. Nello Yoga Tantrico lasciamo ogni rappresentazione geografica d’essere situati in un corpo.
Il corpo è percezione, vibrazione fatta del movimento della vita. La respirazione è una delle polarizzazioni di quel movimento…
Quando un dinamismo precede l’esplorazione, come un’onda tattile che s’incarna poi psicologicamente, l’inspirazione fisiologica s’arresta e si sente un flusso di energia, che continua al di là di quell’arresto. Quell’onda ridiscende e inizia l’espirazione fisiologica; poi l’espirazione fisiologica s’arresta, ma non il prolungamento energetico e un’onda continua. L’entrare nel rito del Pranayama è quella scoperta, quel movimento tattile d’energia che precede, succede e irriga la respirazione fisiologica. L’inspirazione e l’espirazione diventano allora completamente passive e quell’onda completamente attiva. Un po’ come quando facciamo un movimento del braccio nell’acqua, il braccio si ferma mentre le ondulazioni dell’acqua continuano. Più esploro ciò che prolunga quei movimenti, più mi accorgo che dopo l’ispirazione il movimento dell’energia è sentito come una chiusura, una forma di silenzio. E’ un silenzio dell’ispirazione e dell’espirazione, ma non è un silenzio dell’energia. Durante il punto di riposo, un immenso dispiegamento dell’energia si produce, poi l’energia si concretizza nell’espirazione. L’espirazione si compie, l’energia si dispiega nel vuoto e qualcosa ricrea l’inspirazione. All’inizio dell’esplorazione i riposi sono vuoti in rapporto all’inspirazione e all’espirazione. Più tardi la disponibilità a quei momenti d’arresto, dopo l’inspirazione e l’espirazione fisiologiche, nei quali l’energia si prolunga, diventa il cuore di quell’arte magica. I due momenti d’arresto sono allora il punto faro della pratica, il sole e la luna dell’atto rituale. L’astro raggiante del riposo dopo l’inspirazione sarà poco a poco assorbito, divorato dalla luna nera del riposo dopo l’espirazione.
La magnificenza della ritenzione positiva e la sua dissoluzione nel retroterra è l’essenza del Pranayama cachemiro. L’attenzione alla carezza dell’aria alle narici è un frammento importante dell’arte del Pranayama.
Datevi senza restrizione a questa carezza. Non portate l’accento né sul ritmo, né sulla localizzazione (inferiore, mediana e superiore). Lasciate la sensazione delle narici diventare immensa come se prendeste l’aria a trenta centimetri davanti ad esse fino a trenta centimetri dietro la testa. Riportate il soffio di nuovo lì fino al punto di partenza di fronte alle narici. Risentite la grande distesa degli orifizi. Se non forzate il vostro ritmo naturale constaterete che la narice non si gonfia né all’inspirazione né all’espirazione. L’aspetto ‘animale’ della respirazione vi lascia e diventate coscienti delle correnti di energia. L’evocazione di certi profumi può aiutarvi: il gelsomino, la rosa, il profumo di qualcuno che amate. Sentite questi profumi andare e tornare. Queste evocazioni porteranno una grande sensibilità della struttura. Quando affinate la sensibilità, potete provare gli stessi elementi con una sola narice, senza chiudere l’altra con le dita. Mettendo l’accento su una sola narice, l’altra naturalmente sparirà.
Ma soprattutto rendetevi conto del senso sacro del Pranayama.
Datevi all’espirazione senza spingerla…andate con lei. Sentite che svuotate il corpo degli ingombri.
E’ il conosciuto, la memoria che eliminate. Lasciate il riposo che segue essere un vero ‘lasciare la presa’. Non precipitatevi verso l’inspirazione, datevi a questo riposo. L’inspirazione zampilla tranquillamente senza bisogno. I diversi tempi appaiono in un’attenzione recettiva come i ritmi cosmici che creano e disfano i mondi. Il soffio sacralizza il corpo. Non abbiate fretta. Non aspettate nulla. Siate tutto ascolto.
Scoprite la vostra sensibilità naturale.Quest’arte nella sua sottilità, tale e quale è insegnata nel Kashmir, è illimitata. Gli elementi suggeriti qui sono solo un frammento. Ne imparerete numerosi altri. Un giorno questi frammenti si riuniranno senza sforzo. La ricchezza della creazione è infinita e tutti questi aspetti sono sostenuti dall’energia, il soffio: Prana. Scopritela. Eric Baret
Soltanto nei momenti successivi a questi percorsi di esplorazione della nostra componente più sottile, è finalmente comprensibile il significato autentico, la vera natura del Pranayama. La parola meditazione non può più essere intesa come ulteriore tappa, essendo istantaneamente e concretamente evocata fin dai primi istanti in questo modo di intendere e svolgere la pratica. Eric Baret riporta lo Yoga Tantrico alla sua essenziale natura di arte.
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Articolo di Franco H.Mignone: www.ascoltiprofondi.org
RispondiElimina(*) queste note sono state liberamente raccolte attraverso varie fonti e
costituiscono appunti di lavoro, di carattere provvisiorio e non destinate
alla pubblicazione