sabato 10 dicembre 2011

La Spiritualità

D : La spiritualità comporta un elemento sacro o non è che funzionale?

R: Riferirsi a un non-sapere è sacro. La spiritualità che viene dal sapere, che si impara, che si studia, non ha alcun carattere sacro. E’ una miserevole messa in scena patologica per persone che hanno paura di vivere. La spiritualità che viene dal sacro è una spiritualità non pensata, non organizzata, non elaborata, non utilizzata. Quella spiritualità là è sacra. Ma la spiritualità nel senso sacro non è un rifugio, un mezzo, una stampella per compensare la sconfitta della vita. E’ un dinamismo, un’intuizione che gli avvenimenti della vita hanno un senso al di là del pensiero. Un’intuizione dell’umiltà, di un totale non-sapere, di una totale non-comprensione della vita. Quando mi sveglio a queste non-comprensioni della vita, quando smetto di pretendere di comprendere ciò che accade, aver bisogno di quella o quell’altra situazione, che questo o quello non avrebbe dovuto capitarmi, quando divento umile, senza pretesa di sapere ciò che è giusto o no, per me o il mondo, un ascolto si attua. Questo ascolto è il sacro stesso, la spiritualità stessa.

Ogni sapere spirituale, ogni codificazione spirituale sono dei ciechi che conducono dei ciechi. Il sapere viene dal pensiero, dalla memoria; cosa può esserci di sacro là dentro? Quello che è sacro è questa intuizione, questa disponibilità alla bellezza della vita. Questo non si può attuare come esperienza personale, ma si attua inevitabilmente in ogni luogo. E’ come quando vi innamorate, non lo pensate, c’è un’effervescenza. Il giorno in cui dite “sono innamorato” è finita, avete lasciato l’autenticità, avete creato una situazione. Quando siete veramente innamorati, quando amate qualcuno profondamente, non lo sapete. Quando vi dite “amo qualcuno” vi raccontate delle storie. La bellezza non può essere concettualizzata. La gioia non può essere gustata. Quando siete all’opera, l’opera si svolge in voi, provate dei momenti di non-sapere, di pura gioia. Poi, si cerca di gustare l’emozione, sopraggiunge una sorta di conflitto. Non c’è niente da gustare. La spiritualità che si gusta è una spiritualità che ha il suo valore a livello psichiatrico, ma è tutto. La spiritualità che sa cosa fare, o non fare, ciò che è giusto, non giusto, morale, amorale, tutto questo fa parte degli ospedali psichiatrici della società. Ha valore forse a livello giuridico, ma non ha niente di sacro.

E’ una ideologia. Le ideologie vengono dalla paura. Se non c’è paura, non ho bisogno di essere questo o quello, non ho bisogno di pretendere questo o quello. E’ la paura che m’invento: francese, bianco, nero, ebreo, ricco , povero, buddista, indù, cristiano, ateo, tutto questo viene dalla paura. In un momento di non paura non rivendico niente. In questa non rivendicazione si trova la disponibilità. Tutto ciò che mi appare, diventa vicino per me, profondamente me stesso, la facilità. Non racconto che me stesso, niente è estraneo. Se una qualunque cosa mi è estranea, sono in una storia, una pretesa di essere qualcosa, qualcuno. Questa è una visione spirituale. Ma non c’è spiritualità là dentro. La funzionalità è una cattiva espressione che adopero spesso, è un po’ meschina, è il contrario della funzionalità, è la meraviglia, il non-sapere.

Posso fare un gesto sena pretendere qualcosa, posso guardare un albero senza sapere, senza cercare di trovarmi in ciò che so dell’albero? Questo è spirituale. Posso per un istante non aspirare a niente? Essere totalmente presente. Qui non ci sono codificazioni possibili. Non si può mettere questa disponibilità nella tasca e dire “sono disponibile”.

Non è una critica, la spiritualità è psichiatrica quando le persone hanno bisogno di sapersi maritate, di avere dei figli, un’amante, un paese, una nazionalità, un colore, una razza, una squadra di calcio, dei gusti letterari, cinematografici; hanno bisogno di difendere queste immagini, se no pensano che non sono niente. Molta gente ha bisogno di trovarsi nel cristianesimo, nel buddismo, nell’islamismo; è pienamente giustificato, non c’entra niente qui. Le nostre riunioni sono fatte per quelli che intuiscono che, quando smetto di inventare qualcosa, non c’è nessuna invenzione; che tutte le religioni, le razze, le etnie, il sapere, le nazionalità, sono unicamente delle invenzioni della paura; che ogni cultura, il mondo, la società è un’invenzione della paura, per il non vedere profondamente qualcosa. Ma, quando non si è arrivati a questa convinzione, è assolutamente giustificato per un francese credersi un francese, per un buddista credersi un buddista e per un uomo sposato credersi sposato. Hanno bisogno di questo se no ci sarebbe bisogno ancora di più di ospedali psichiatrici. A un certo momento, non avete più bisogno di appropriarvi di qualcosa, voi continuate il vostro funzionamento esteriore ma non potete più comprendere ciò che vorrebbero dire tutti questi elementi.

La bellezza della vita è nell’istante. Non si può mettere in una cornice. Nell’istante, sono libero da ogni cornice. All’esterno continuate ad essere questo o quello, ma profondamente non potete più esserlo. Allora questa spiritualità non ha forma, né nome.



D: Se ho ben compreso, la spiritualità è un’illusione?

R: E’ un concetto. Ciò che la gente vi proietta, a sei anni lo proiettava nel suo gruppo di scouts, a dieci anni nella squadra di calcio, a venti nella politica, a trenta nel matrimonio. Quella mancanza che si è cercato di compensare con una bambola, un trenino elettrico, un bel voto a scuola, un matrimonio, un figlio, la si proietta dopo nella spiritualità… E’ un polpettone di tutte le nostre paure. Secondo la forma delle nostre ansie, ci si trova attirati da un certo tipo di spiritualità. Quando si è là, bisogna rispettarlo come il resto, ma non è niente altro che la nostra propria paura.

La vera spiritualità è un ringraziamento. Maitre Eckart fa una differenza tra la vera preghiera che è una preghiera del cuore, una celebrazione del compimento divino, e la preghiera che viene da una mancanza, che cerca di domandare una correzione. Non è più una preghiera, ma una forma di accesso. La vera preghiera è un ringraziamento. La vera spiritualità è un non-dinamismo che dà disponibilità a ogni istante. Quando il cancro, la malattia, la nascita, l’emozione vengono: essere disponibile: là si trova la profondità. Volersi liberare da tutti i propri problemi per diventare spirituali, per diventare, perché no, un budda, ecc. è l’espressione della paura. Ogni regola, ogni sapere non vengono che dalla paura. Non si può codificare l’intangibile. Gli scouts, la politica, la spiritualità, il figlio, la squadra i rugby hanno il loro posto, sennò questo non esisterebbe. Viene un momento in cui non avete più bisogno di andare a cercare nelle diverse correnti della vita.

Siete voi che rischiarate la spiritualità, e non il contrario. E’ la vostra chiarezza che vi fa comprendere profondamente cos’è la politica, avere un figlio, la violenza, la malattia, il buddismo, l’islam. La vostra chiarezza rischiara tutto questo. Volersi cercare, tentare di trovarsi nella spiritualità è una forma di confusione, di limite.



D: Quella chiarezza è la spiritualità, no?

R: Certo, ma là non ci sono più parole, né direzione, né sapere e soprattutto nessuna persona spirituale. Resta solo una non separazione. Non ci sono più scuole, linee direttrici, insegnamento. L’importanza per noi è ricordare questa evidenza, che non c’è niente da comprendere, niente da imparare. Non ho bisogno di creare degli utensili per affrontare la vita. Inutile inventare mezzi di difesa o di adattamento per far fronte alle situazioni. Guardate onestamente ciò che c’è, ciò che suscita in me la paura, l’ansia, la pretesa, la difesa.

Chiaramente accetto le mie pretese, i miei limiti. Questi limiti riflettono il non- limite. Occorre vivere la mediocrità, essa rivela ciò che è l’ultimo in noi. Quando rifiuto la mediocrità, quando immagino e proietto un inferiore o un superiore, delle cose spirituali che dovrebbero liberarmi dalla vita quotidiana, là, sono completamente in un immaginario. E’ una forma di psicosi. La mediocrità è l’essenziale. La mediocrità in rapporto a dei concetti, ma è primordiale!

Funzionare giornalmente: mangiare, dormire, amare, vedere, sentire, guardare. Niente da dipendere, da affermare, da sapere, non ho bisogno di niente per intuire ciò che è essenziale. Inutile cambiare qualcosa in me. Certe scoperte vano fatte e dimenticate nell’istante. Per l’ego, per la persona, è una forma di terrore. L’ego vuole diventare spirituale, meditare, liberarsi. Bisogna uscire da qui come un cane che ha visto un osso, al quale lo si leva quando chiude la bocca. E’ quella sensazione là che bisogna sorvegliare, prima che diventi una frustrazione, la sensazione della bocca vuota. E’ prima di tutto una non-conclusione è questo l’essenziale.[Eric Baret]



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